3 mesi fa NOTIZIE
E adesso che il Santo Padre Benedetto XVI riposa in pace, dopo essere stato messo alla berlina dal mondo accademico sinistrorso e dal fuoco amico curiale, almeno da una buona parte di esso, senza avere la pretesa di voler tracciare la biografia di questo gigante della teologia, in fondo temuto e per questo attaccato, mi sento di scrivere qualcosa a caldo, su ciò che a mio modestissimo parere, di credente osservante, ma anche di studioso della vita e della storia della Chiesa è emerso alla mia mente, il tutto come osservatore e studioso delle scienze sociali.
Vedrete che fra non moltissimo tempo verrà portato agli onori degli altari e persino nominato Dottore della Chiesa e “magno”, si questo è ciò che accadrà ed è giusto che io lo faccia rilevare per gli ipocriti e i sepolcri imbiancati di biblica memoria, oggi, a tumulazione avvenuta e prima che “l’umile operaio nella vigna del Signore” possa iniziare a farsi intercessore di miracoli sulla Terra e i santini si diffondano a milioni fra i fedeli un tempo dormienti e ora con gli occhi sgranati, tanto più se appartenenti agli ordini sacri.
Joseph Aloisius Ratzinger, questo il nome all’anagrafe del papa teologo, meglio papa-teologo, che dopo l’elezione a pontefice scelse il nome di Benedictus XVI, è morto a Roma il 31 dicembre 2022. Papa emerito da quando, il 28 febbraio 2013, ha rinunciato al ministero petrino, è stato il pontefice più longevo della storia: Leone XIII morì a 93 anni, Clemente XII a 87 e Clemente X a 86. Ma a parte l’età, sono altri i “record” che hanno caratterizzato il pontificato del 265esimo successore di san Pietro, tumulato nelle grotte vaticane oggi 5 gennaio 2023.
Negli otto anni di soglio pontificio, il suo magistero ha alternato fasi di conservatorismo a spinte innovatrici riconosciutegli di rado. Indiscusse, però, le sue qualità intellettuali, così come il merito di aver tenuto unita la Chiesa nel passaggio tra la scomparsa del carismatico Karol Józef Wojtyła, Giovanni Paolo II e l’elezione del primo papa sudamericano, Jorge Mario Bergoglio, Franciscus.
Di umili origini disse una frase che fece scandalo, voleva rimuovere la sporcizia che aveva pervaso la Chiesa, raggiunse direi il gradino più alto diventando l’unico re assoluto sulla terra e dopo aver raggiunto l’apice abdica e si ritira a vita privata, attenzione, non lasciando la città del Vaticano, sebbene in un piccolo convento a ridosso delle mura vaticane, molti si chiederanno perché scelse di rimanere all’interno di quel piccolo Stato, in maniera “ingombrante”, io un’idea ce l’ho, ma la tengo custodita nel mio cuore, ciascuno si sforzi di dare una giusta interpretazione, senza malizia e farneticazioni.
Ma veniamo al momento della rinuncia, alla sua abdicazione, i re abdicano non rassegnano le dimissioni. Dopo il 28 febbraio 2013 alle ore 20, nell’era moderna o post moderna che dir si voglia, assistiamo ad una nuova figura nella Chiesa di Cristo, la figura del Papa emerito o Romano Pontefice emerito, che convive con il papa regnante.
Nel mese di aprile del 2005 veniva eletto pontefice dal Conclave, per poi dimettersi 8 anni dopo, nel 2013, ufficialmente per via delle sue condizioni di salute (aveva 86 anni). Le immagini delle sue dimissioni, preferisco usare il termine abdicazione, così come il suo discorso (declaratio) davanti ai prelati non è mai scomparso dalla mia mente:
“Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, (ingravescentem aetatem) non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”, disse in un latino che solo una persona, in quel momento comprese appieno, mentre gli altri uditori sonnecchiavano. Sapete il latino è barboso, è una “lingua morta”, così dicono gli sciocchi, è stato sempre avversato un po’ da tutti noi, noi che per anni lo abbiamo masticato gli riconosciamo un’importanza fondamentale. Ha spiegando la sua scelta. “Ben consapevole della gravità di questo mio atto”, aggiunse, “con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice”.
Parole gravi, che non ammettono replica, senza contraddittorio, il papa “re” ha deciso, lo ha scritto, lo porta a conoscenza della Curia romana e del mondo, fine, non c’è altro da aggiungere.
Osserviamo adesso i segni del potere petrino: Per prima cosa toglie la fascia con “l’arma” segno della regalità e del potere che aveva in mano, toglie l’anello del pescatore e ne indossa uno da vescovo, toglie la mozzetta perché non ci siano interpretazioni fuorvianti, almeno fra i competenti, fra gli addetti ai lavori, che guardano il papa emerito e il papa regnante, fianco a fianco in San Pietro, davanti al popolo. Mantiene il solideo, o zucchetto o papalina o pileolo, chiamatelo come vi pare, io preferisco solideo, perché soli Deo tollitur (da togliere solo in onore di Dio), sapete sono affezionato alla forma, che diviene sostanza fra determinate persone, in determinati luoghi e per gli insegnamenti formali che valgono più di ogni appunto, richiamo, o lezione, che dir si voglia. Mantiene la Croce pettorale, ma non dorata, che unitamente alla mitra e al pastorale, quest’ultimo non più impugnato, per ovvi motivi di forma e di sostanza, non fanno venir meno lo status di vescovo. Vi invito a riflettere su queste simbologie, che dicono tutto, senza dover aggiungere altro. Chi conosce la Curia sa a cosa io mi riferisca, l’abdicazione riguarda la funzione del pontefice non lo status che il prelato ha raggiunto nel corso della sua vita presbiterale.
Adesso esaminiamo gli attacchi cui è stato sottoposto il romano pontefice abdicante:
La lectio magistralis di Ratisbona.
Fu subito qualificata come “gaffe” (anche se da molti rivalutata negli anni successivi) quella che il 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona, durante il suo viaggio in Baviera, tenne in quell’ateneo, luogo eccellente per un docente universitario quale era lui e lo era stato per tanti anni, nel quale pose un aspetto che riguardava la fede, la religione in particolare. Il vespaio si agitò a proposito della citazione di una frase dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo a proposito della guerra santa. Ecco la frase incriminata: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Apriti cielo, dopo gli applausi che ricevette, alla fine della sua lectio, durata mezz’ora, che ho ascoltato più volte e riascoltato ancora stamattina, e che provocò nel mondo islamico violente reazioni perché ritenuta offensiva, concretizzatasi con massicce proteste di piazza.
Successivamente Papa Benedetto, durante un Angelus trasmesso anche da Al Jazeera, e quindi perché raggiungesse il mondo islamico, disse di essere “vivamente rammaricato per le reazioni”, specificando di non condividere il pensiero espresso nel testo citato a Ratisbona e invitando l’Islam al dialogo, dialogo mai più riallacciato sotto il regno dello scomparso pontefice, ma riallacciato da papa Francesco.
La lezione negata all’Università La Sapienza di Roma:
Il 15 gennaio 2008, attenzione, su richiesta del rettore dell’Università di Roma “La Sapienza”, il Papa fu invitato ad intervenire all’inaugurazione dell’anno accademico. Tale scelta fu criticata da ben 67 docenti dell’ateneo, il che portò la Santa Sede a declinare l’invito suscitando forti polemiche nel mondo politico, giornalistico e universitario. Pensate, un docente universitario a cui viene negato, non autoinvitatosi, ma invitato dalla massima autorità accademica, a parlare, da 67 docenti su circa 4.500, sebbene poi si fossero aggiunti altri 700 successivamente al documento sottoscritto. Professori che si sono qualificati da soli. Si può essere di sinistra, senza precludere il diritto di parola, nel dibattito si poteva prendere la parola e confutare eventuali affermazioni, sebbene non credo che il pontefice avesse preparato un discorso per suscitare e smuovere un altro vespaio. L’Università, poteva pubblicare gli atti, avviare un contraddittorio postumo, raccogliere opinioni, pareri, confutare, rintuzzare, persino criticare, anche duramente, ciò che il Professore papa avesse detto in quella sede. L’Università è il luogo deputato al confronto, all’insegnamento, alla sperimentazione, grave mancanza quella attuata da quei 67 professori. Peccato, abbiamo perso sicuramente qualcosa. Resta comunque il fatto che di Benedetto XVI si parlerà per sempre, dentro e fuori la Chiesa, di quei 67 professoroni, che hanno firmato il diniego al confronto, non resterà traccia se non negli atti de “La Sapienza“ o su Wikipedia, in vita e in morte saranno dimenticati, il papa no, lui resterà nella storia, di lui si parlerà per sempre, sia come accademico, sia come papa e vi sembra poco?
Un grande dolore immotivato.
Il divieto da parte del suo successore della celebrazione della S. Messa con il rito antico attraverso il Motu proprio “Traditionis Custodes”: la S.Messa col rito “antico” a discrezione dei Vescovi. Di fatto non è stato più possibile celebrare e partecipare. Ho imparato la celebrazione della S.Messa in latino quando avevo 7/8 anni, grazie a mio nonno, prima in un latino maccheronico poi via via più perfetto, abbiamo comprato i lezionari, il Messale Romano promulgato da San Pio V, lo abbiamo usato per alcuni mesi, poi il divieto assoluto nella Diocesi.
Perché vietare ciò che il Concilio Vaticano II non aveva vietato? Così facendo alcuni fedeli si sono allontanati ancor di più da S. Romana Chiesa. In obbedienza all’Ordinario il fedele preparato obbedisce appunto, ben sapendo che alla fine della giostra ciascuno renderà conto al “Maestro” della cura delle pecorelle affidate, se sono rimaste nell’ovile oppure sono andate disperse.
In che cosa consiste la grandezza di papa Benedetto XVI
Egli ha condotto, fino alla fine della sua vita terrena una battaglia a viso aperto, senza guardare in faccia nessuno, sia all’interno degli uomini di Chiesa, sia all’esterno, il politicamente corretto non gli appartiene e questo in nome della verità, che è una e una soltanto, compiacere un poco la sinistra un poco la destra non fa parte del suo mondo, è stato un cultore della materia, prima e un docente a tutto tondo dopo, qualunque siano stati gli argomenti trattati fanno parte della storia, si può essere d’accordo o meno, ci si confronta, ma certamente non si scappa o peggio ancora non s’impedisce ad una persona di parlare, di esporre il proprio pensiero, si può confutare una tesi, persino proporre un’antitesi, ma alla fine verrà fuori la sintesi, che ciascun studioso troverà dentro di se. Un po’ come il metodo maieutico di socratica-platonica memoria se vogliamo, riempire la mente per far sì che ciascuno possa elaborare una sintesi. Il relativismo, che non ha nulla a che fare con l’accettazione dei dubbi, che in ciascuno di noi sorgono e si avvicendano, rischia infatti d’innescare una detonazione che può portare al dissolvimento dei legami sociali, e cosa accade quando le tensioni aumentano e comprimono l’uomo, si fa strada l’iper-individualismo e il nichilismo, ma anche il sincretismo e l’edonismo.
Un incidente con il mondo ebraico.
Il 21 gennaio 2009 il Papa concesse la remissione della scomunica latae sententiae, inflitta nel 1988 sotto il pontificato precedente, ai quattro vescovi lefebvriani e nello stesso giorno la tv svedese Svt rese pubblica un’intervista in cui uno dei quattro, il britannico mons. Richard Williamson, professava una posizione negazionista della Shoah.
Il Gran Rabbinato di Israele rimandò subito alcuni incontri col Vaticano, precedentemente fissati dalla Segreteria di Stato.
Sollecitato da più parti, il Pontefice nell’udienza generale del successivo 28 gennaio pronunciò parole chiare per contestare ogni forma di negazionismo, esprimere solidarietà agli ebrei e ribadendo la volontà di continuare nel dialogo con il mondo ebraico. Critiche sulla vicenda giunsero al Papa anche da Angela Merkel, cancelliere tedesco, anche di lei, scaduti i suoi mandati e collocatasi in pensione, nessuno si ricorderà, del papa tedesco, suo connazionale si.
Il 4 febbraio successivo, quindi con una rapidità impeccabile, una nota della Segreteria di Stato vaticana definì “assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate dal Santo Padre” le posizioni di mons. Williamson, “non conosciute” dal Pontefice “nel momento della remissione della scomunica”. Un’altra gaffe? Il pontefice doveva prevedere anche le dichiarazioni che il prelato riammesso nella comunione fraterna, avrebbe rilasciato? Ci si vuole arrampicare sugli specchi in un tiro al bersaglio fin troppo facile, ma che solo gli sciocchi possono perorare e avallare.
Il caso Vatileaks.
Nel 2012 lo scandalo denominato Vatileaks, in pratica la diffusione di documenti riservati del Pontefice, molti dei quali rivelavano trame e casi di corruzione in Vaticano, i documenti furono trafugati direttamente dalla segreteria del Papa, si trovavano sulla scrivania del segretario particolare e precisamente ad opera del maggiordomo “infedele” si trattava di un laico, ma che era la persona più vicina al Pontefice e alle sue stanze, questi documenti finirono nel libro “Sua Santità” di Gianluigi Nuzzi, che aveva fatto bingo!
Il 24 maggio, pochi giorni dopo l’uscita del libro, l’infedele maggiordomo fu arrestato dalla Gendarmeria e rinchiuso in cella in Vaticano.
Nell’udienza del 30 maggio, ecco con quali parole il pontefice intervenne: “Gli eventi degli ultimi giorni riguardo alla Curia e ai miei collaboratori hanno portato tristezza nel mio cuore”.
Dopo un processo durato quattro udienze, l’infedele traditore maggiordomo fu condannato a un anno e sei mesi di reclusione. Il 22 dicembre Benedetto andò a trovare in cella l’ex aiutante di camera e gli diede la grazia, un giuda perdonato, l’originale s’impiccò senza aspettare il perdono di Cristo. Ci avviciniamo a quell’11 febbraio 2013 in cui, davanti ai cardinali attoniti, rinunciò al Papato.
Tre gravi episodi che hanno inciso sul fisico e sulla psiche del pontefice, che si rese subito conto di non poter rintuzzare gli attacchi, che si sarebbero moltiplicati e contemporaneamente guidare la barca petrina e quindi con grave rischio per la tenuta della rotta e della stessa vita della Chiesa, in un momento storico particolare come quello attuale. Un tedesco bavarese pacato, che era entrato in San Pietro in punta di piedi, ricordate la frase che da Cardinale ebbe ad esternare durante la meditazione sulla via Crucis, il venerdì santo del 2005: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”.
Le profezie che papa Benedetto ci lascia, perché si sappia a futura memoria.
“A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte”.
“Il futuro della Chiesa verrà rimodellato dai santi, ovvero dagli uomini le cui menti sono più profonde degli slogan del giorno, che vedono più di quello che vedono gli altri, perché la loro vita abbraccia una eredità più ampia”.
“La Chiesa diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità”.
“Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza”.
“Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra”.
“Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.
Come possiamo definire la teologia di Benedetto XVI?
Certamente una teologia orgogliosa e non relativista, un papa lasciato solo dalla Curia, da buona parte della Curia e dal politicamente corretto. Ipocrisia e perbenismo solo da morto, quando è stato adagiato sul catafalco. Egli è stato e sarà sempre un riferimento per tutti i cattolici, per quanti hanno avuto e hanno orecchie per intendere, per gli studiosi della storia della Chiesa Cattolica, per i teologi illuminati, ma anche per le persone umili, soprattutto per le persone umili! E’ stato un papa tradizionalista, ma con un occhio e un orecchio al futuro, incompreso e isolato, volutamente isolato dagli ignavi che Dante avrebbe collocato nell’Antinferno assieme a Celestino V.
Presterei orecchio alle sue profezie, senza perdere la speranza, ma che vedranno una Chiesa diversa da come siamo abituati a vederLa noi, non sarà distrutta, non può mai accadere, ma ridimensionata, si, su questo condivido la visione del papa dotto, i palazzi curiali di due o tre mila metri quadri saranno persi e questo credo sia un bene. Quante volte ho chiesto in comodato d’uso qualche sagrestia in disuso per fare del volontariato, sempre porte chiuse, meglio abbandonate e cadenti, con infiltrazioni di umidità e muffe!
Per quanti volessero studiare o approfondire i loro studi, il papa dotto ci ha lasciato la sua fondazione, ha sede in via Della Conciliazione al n.1 a Roma, anche on line si potranno comprare i numerosi volumi lasciateci in eredità. La Fondazione è punto di riferimento per gli studenti delle Facoltà Teologiche, in quanto elargisce borse di studio.
Qui termino le mie riflessioni/spunti. Il mio vuole essere un invito, a quanti leggeranno queste poche righe, ad una riflessione composta, scevra da pregiudizi, ma sicuro che sarà motivo di arricchimento nelle coscienze di quanti non hanno voluto difendere l’operato del papa dotto, del grande teologo, che con gentilezza, sottovoce, in punta di piedi è entrato nelle coscienze di tanti. Il suo magistero è lì, nei suoi atti, 3 encicliche e 100 libri e nella sua vita vissuta fino all’ultimo respiro per gridare: “Rimanete saldi nella fede” “Signore ti amo”.
Sit tibi gloria in excelsis, Domine.
5 gennaio 2023
Carmelo Bartolo Crisafulli – Sociologo (N.903 ANS) – Bioeticista (N.7/2005 ISB).